Gabriele Brunetti


Sono felice di aver partecipato al mio primo raduno UIC. La scelta della località è stata perfetta, facilmente raggiungibile per lombardi, piemontesi ed emiliani.
S. Stefano d'Aveto sorge in una magnifica conca ai piedi del Monte Maggiorasca (1800 m), la più alta montagna della Liguria di Levante e del Groppo Rosso, una vetta con una forma e colori molto suggestivi.
Il lavoro organizzativo di Bafico è stato eccellente. L'unica variabile non controllabile, il meteo, ha fatto le bizze ma non ci ha rovinato la festa ed il piacere di ritrovarci e pedalare insieme. A differenza delle Alpi, in Appennino una pioggia leggera o moderata si può tollerare; alla fine il suo effetto è stato quello di ridurre le escursioni programmate.
Come in altre occasioni al mattino si formano vari gruppetti con obiettivi diversi a seconda delle proprie possibilità e del tempo a disposizione. C'è stato chi ha voluto sfidare il Passo Chiodo dal versante della Val Taro, una delle salite più impegnative dell'Appennino Settentrionale, forse seconda soltanto al micidiale Alpe S. Pellegrino.
Il mio gruppetto era composto di 6 unità. A dimostrazione che l'UIC è un'associazione internazionale, il mio gruppetto era composto da Jennifer di origine canadese, Carmen di Genova (entrambe neo consiglieri), Carl dall'Inghilterra, Nero da Pavia, Tullio da Iseo ed il sottoscritto.
Alla partenza siamo stati ripresi da Piero, il nostro regista più quotato che spesso va in onda su You Tube.
La salita verso il Passo Tomarlo è leggera ma tuttavia in grado di portare la frequenza cardiaca a ritmi elevati. La strada è larga e le poche auto non disturbano. Il colore dominante è il verde, solo il Groppo Rosso svetta roccioso. Il silenzio è interrotto solamente dalle campane delle mucche. Incontriamo il bivio per la Rocca d'Aveto, dove si trovano gli impianti sciistici. Po a destra il bivio per il Passo Romezzano, Passo del Chiodo e Passo Incisa. Se consideriamo anche il Passo Zovallo vi sono ben cinque passi in pochi chilometri. Tutti sono concordi che la soddisfazione ed il ricordo di un passo o di qualsiasi altra meta, si provano quando la meta viene raggiunta dal fondovalle. Non c'è atto sportivo se il passo viene raggiunto partendo già in quota. Senza l'impegno fisico la registrazione di un passo diventa una curiosità geografica, un atto burocratico. Questa nuova visione ha conquistato molti membri UIC e segna una profonda differenza dai cugini del Club dei Cento Colli, dove invece conta il numero dei colli raggiunti indipendentemente dal fatto che questi abbiano richiesto un'immensa fatica o un sforzo banale.
Abbiamo raggiunto il Passo Tomarlo dopo 8 km di salita. Questo luogo segna il confine tra Liguria ed Emilia; qualche secolo fa era il luogo di frontiera del ducato di Parma e del Regno di Genova e qui si era costretti a pagare l'odiato dazio. Sulla sella della nostra bicicletta ci sentiamo liberi e fortunati. Incontriamo un gruppo di escursionisti che si offrono per scattare le foto rituali.
Scendiamo verso lo Zovallo, un'auto suona ripetutamente il clacson, un comportamento anomalo su queste strade remote dell'alto Appennino. Non ho bisogno di voltarmi per capire che si tratta di auto amiche già in partenza verso casa. Sono Rota e Rossini che ci aspetteranno poco più avanti al Passo Zovallo per un'altra serie di foto. Ancora un po' di discesa per giungere al bivio dove ha inizio la scalata al Passo Crociglia. Questo è il momento topico della giornata. Una breve sosta per compattare il gruppo e prepararsi alla salita. Con la sua ragguardevole quota di 1468 m è uno dei passi più alti dell'Appennino Settentrionale ma è quasi sconosciuto poiché non è riportato nell'Atlante TCI. Anche per me è la "prima" su questo versante.
La prima volta di una scalata, in mancanza di dati precisi, incute sempre un po' di timore. Come sarà? Poi ci sono i compagni di viaggio anche se ovviamente non c'è competizione. In ogni caso l'incertezza è un ingrediente essenziale dell'avventura e della sfida personale.
La stradina che sale verso il passo è stretta ed il fondo non è così buono come quello della strada (statale) che abbiamo lasciato.
Ma questo contribuisce al fascino della scalata, qui non ci sono auto, la strada è in pratica di esclusivo dominio delle biciclette. Il Crociglia ha tutti gli ingredienti per fare felice un cicloscalatore salvo i panorami grandiosi che solo le Alpi intorno ai 2000 m sanno offrire.
Il gesto sportivo ed il contatto con la natura sono di grande livello. L'altimetro o il più semplice sguardo verso l'alto alla ricerca del crinale da superare ci informano su quanto resta ancora al passo. Solo nel finale la pendenza scende sotto l'8% mentre nei primi km non sono mancati i passaggi intorno al 12%. La pendenza media finale secondo i dati di Jennifer sarà intorno al 10%. Il passo non è segnalato da un apposito cartello. Grazie alle richieste della UIC, l'Amministrazione Comunale ha promesso di installare i cartelli per segnalare la meta. La strada taglia il crinale in modo quasi ortogonale. Nell'area del passo il crinale è largo circa 250 metri ed è piano; l'identificazione del punto preciso di valico non è immediata. Un gruppo di escursionisti a piedi imbocca un sentiero in discesa non appena giunti sul crinale mentre la strada scende più avanti dopo averlo attraversato completamente. Quindi il punto di valico degli escursionisti e quello dei ciclisti non coincide.
Il Passo della Crociglia mette in comunicazione la Val Nure con la Val d'Aveto.
La discesa verso Torrio è molto impegnativa anche per il fondo scivoloso e sconnesso. A Torrio vi è il bivio per la valle Tribolata, una scorciatoia per S. Stefano d'Aveto. L'anello sarebbe troppo breve per cui si decide di scendere nel fondovalle della valle d'Aveto. Per fortuna dopo Torrio il fondo stradale migliora. Si attraversa una zona fitta di boschi come suggerisce la località che tocchiamo (Boschi) prima di raggiungere il bivio finale. Dal questo versante il dislivello è di circa 800 m in 9,8 km.
Come impone il decalogo del ciclista UIC si aspettano i compagni. Jennifer e Carl sono molto prudenti.
Per fortuna al bivio sotto la pioggia abbastanza intensa troviamo una provvidenziale galleria. Dopo 10 minuti un gentile automobilista ci informa che i nostri due amici stanno sostituendo la camera d'aria per la foratura davvero intempestiva.
Dal fondovalle qualche km in leggerissima salita ci porta al bivio di Pievetta, la prima strada che sale verso S.Stefano. Considerato il meteo, tutti concordano che è il caso di ripiegare sull'albergo. Ci aspetta una salita abbastanza impegnativa che è in pratica la prima parte della salita al Tomarlo. Giungiamo a S. Stefano dopo 45 km e 1200 m di dislivello. Siamo bagnati ma felici con la promessa di ritrovarci ancora insieme in bicicletta.
Gabriele Brunetti